Perchè “Ascolto Terapeutico”?
Non siamo abituati ad ascoltarci. Eppure, la salute psichica presuppone la capacità di ascoltarsi, di mantenere il contatto con noi stessi, con le nostre emozioni ed i nostri sentimenti più autentici. Questa sintonizzazione ci fa sentire vivi e sostanzia la nostra identità, quel sentire interno in cui ci riconosciamo e che ci rappresenta a noi stessi. L’ascolto è anche un importante strumento di conoscenza di noi stessi e ci permette di orientarci in modo soggettivo.
La radice etimologica della parola ascolto ci rimanda al “volgersi prestando attenzione”. Essere in sintonia con noi stessi presuppone un rapporto di autenticità, tra ciò che sentiamo e le scelte che facciamo, tra ciò che sentiamo e dove ci collochiamo, qualcosa che possiamo esprimere con quel sentimento di voler stare proprio li dove ci poniamo. Per essere in armonia con noi stessi dobbiamo anche soddisfare i nostri bisogni di relazione, di socialità, trovare il nostro posto nel mondo: tutto questo richiede capacità integrative, adattamenti e anche compromessi ma sempre senza perdere quel fondamentale contatto con noi stessi e con la nostra autenticità. Un processo per niente facile e che può andare incontro a diverse vicissitudini che possono rendere l’ascolto difficile se non impossibile: a volte questa sintonizzazione non è mai stata acquisita, in altri casi è andata perduta.
La scelta del nome “Ascolto Terapeutico”, ha il significato di dare centralità all’ascolto nel lavoro clinico, inteso qui come “ascolto interno” ma anche come “ascolto dell’altro”. Nella relazione terapeutica, infatti, l’ascolto è al tempo stesso oggetto e soggetto dell’intervento, è messo al servizio del benessere psichico soggettivo ed è uno degli obiettivi del lavoro in quanto strumento per la navigazione nella vita.
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