E’ crescente la domanda di informazione che riguarda l’educazione e la crescita dei figli e per questo motivo, oltre alla letteratura sull’argomento, ci si imbatte molto spesso in pubblicazioni che danno consigli o offrono linee guida ad uso dei genitori.
Questa crescente domanda mi sembra possa essere messa in relazione ai grandi cambiamenti culturali di questi ultimi decenni e dal ritmo delle trasformazioni sociali che appare sempre più accelerato. Tali cambiamenti hanno, tra gli altri effetti, anche quello di farci sentire di fronte ad una realtà percepita come “diversa” e “distante” da noi. E’ infatti forte il bisogno di nuovi apprendimenti, di aggiornamenti, di formazione, di riqualificazione che in modi diversi ed in contesti diversi raccontano di un processo di cambiamento che ci riguarda tutti.
Una delle cose che caratterizzano i genitori (o coloro che pensano e desiderano diventarlo) è quello di guardare avanti, di immaginare il proprio figlio, interrogandosi su ciò che loro, in quanto genitori, possono dargli e come.
Anche la famiglia è stata direttamente investita dai cambiamenti ed oggi, ad esempio, sono in aumento nuove configurazioni familiari: le coppie di fatto, le famiglie monoparentali, le famiglie ricostituite, le famiglie miste per religione o razza, le famiglie adottive con adozioni internazionali, le famiglie con uno o più bambini nati da fecondazioni medicalmente assistite, ecc… Di fronte ad esse ci sentiamo senza punti di riferimento, senza un sapere a cui appellarci, come invece accadeva in passato, ad esempio nella famiglia allargata, dove si faceva esperienza dell’accudimento e della crescita dei bambini e dove la famiglia tradizionale tramandava anche una idea di continuità.
Accanto a questi cambiamenti c’è anche il generale aumento del livello di istruzione e con esso, per molti, anche del livello di consapevolezza che porta ad interrogarsi in modo critico oltre che a non accontentarsi di soluzioni precostituite.
Questo livello di complessità, però, forse ci può far perdere di vista l’essenziale. Essere genitore che cosa significa? Che cosa bisogna fare (o non fare) in alcune situazioni? Queste sembrano essere alcune domande che spesso raggiungono il professionista.
La ricerca di indicazioni, capaci di dare risposte a questioni educative è legata ad una preoccupazione, ad un interrogarsi sul da farsi e sul già fatto. I genitori spesso cercano risposte capaci di sollevarli dal timore di sbagliare, cercano il confronto ed ascoltano con attenzione quando hanno l’opportunità di parlare con un esperto.
Bruno Bettelheim nel libro “Un genitore quasi perfetto”, ci dice che il modo più efficace di aiutare le persone nella educazione dei figli è quello di incoraggiarli a sviluppare un proprio intuito educativo e ad assumere atteggiamenti appropriati alla loro personalità ed a quella dei figli, spronando i genitori ad avere atteggiamenti consapevoli ed emotivamente positivi per entrambi e per il loro rapporto. Il compito più importante di un genitore, per l’autore, è imparare ad intuire il significato che le cose hanno per il figlio, empatizzando con lui e comprendendo, dal suo punto di vista la situazione, in modo da capire i suoi comportamenti. Una cosa che può aiutarci è richiamare alla memoria come noi abbiamo vissuto le esperienze che ora sta vivendo nostro figlio, le volte in cui noi stessi ci siamo comportati come sta facendo lui (o abbiamo avuto l’impulso di farlo). Se poi questo non fosse possibile e, soprattutto, se ci troviamo di fronte ad un comportamento inatteso di nostro figlio, possiamo chiederci quale sentimento o quale emozione potrebbe determinare in noi un comportamento come quello che osserviamo in lui.
E’ importante non dare nulla per scontato e non credere mai di sapere quali sono le risposte giuste prima di aver riflettuto sul contributo di ognuna delle parti nella evoluzione di una situazione e di non pretendere di capire la parte giocata dal proprio figlio senza considerare la parte giocata da noi stessi. Sforzandoci di procedere in questo modo, secondo Bettelheim, scopriremo che il nostro modo di comprendere e di affrontare le situazioni, cambia completamente, creeremmo un ponte tra noi e nostro figlio e la relazione ne sarebbe enormemente arricchita. Naturalmente non sempre è possibile procedere in questo modo, ci sono situazioni di emergenza che richiedono risposte immediate ma, una volta passata l’emergenza, se vogliamo risolvere in modo durevole un problema, dobbiamo in primo luogo analizzare i nostri pensieri e le origini delle nostre reazioni, per poi provare ad immaginarci che cosa è passato nell’animo di nostro figlio.
Bettelheim ci fa capire quanto è unico il rapporto genitori-figli, quanto dipende dalla personalità di ognuno e dalla relazione che si costruisce insieme. Comprendere questo e fare lo sforzo di considerare i figli come individui a sé stanti, con una propria personalità e volontà, indipendentemente da una idea di norma o da regole precostituite, ci permetterà di accettarli e di accettare quello che fanno in modo incondizionato. Accettare in modo incondizionato, non vuol dire che i figli hanno ragione e che dobbiamo adottare le loro idee e le loro soluzioni ma vuol dire “prendere sul serio quello che fanno”, dare credito al loro punto di vista (ai loro sentimenti, desideri ed alle loro azioni). Un genitore deve cercare di capire le motivazioni del figlio facendosi una idea di ciò che ha cercato di ottenere, “come e perchè”; una volta fatto questo, utilizzando il “suo” linguaggio, è importante fargli vedere come il suo metodo non è adeguato a raggiungere i suoi fini e in che modo potrebbe più sicuramente raggiungerli. Valorizzando i suoi desideri, il figlio si sentirà ascoltato e riuscirà ad impegnarsi in quello che gli chiediamo perché si tratta di fare qualcosa per raggiungere i propri desideri. Se invece imponiamo il nostro punto di vista perché si fa così o perché è giusto così, il bambino reagirà arrabbiandosi, si sentirà mortificato, in quanto, oggetto di una prepotenza e questo avrà l’effetto di indebolire la sua fiducia.
Per un bambino essere preso sul serio ed essere capito dal genitore è una esperienza non solo soddisfacente ma anche fondante. Procedendo in tal modo, e con l’andar del tempo, permetteremo a nostro figlio di acquisire una sicurezza personale, una fiducia nei confronti delle sue emozioni (e della loro gestione) ed una fiducia circa la possibilità di trovare un modo di realizzare i suoi desideri. E non in ultimo lo aiuteremo ad avere fiducia negli altri e della realtà esterna.
Pensando al ruolo educativo, è importante anche considerare che i genitori non sono solamente i più influenti maestri dei loro figli ma sono coloro per mezzo dei quali essi si orientano nella vita: i figli osservano e studiano i propri genitori per capire cosa fanno e come lo fanno, per comprendere i loro sentimenti e sono capaci di captare anche i sentimenti non manifesti e persino quelli non riconosciuti (dai genitori stessi) e rimossi. Tutto questo non deve spaventare i genitori, piuttosto farli riflettere sul fatto che noi “incarniamo” il ruolo educativo e ciò che conta, in ogni caso, è la verità, ovvero l’autenticità.
Un’altra importante riflessione riguarda la situazione vissuta dai bambini, la loro condizione di dipendenza, considerando anche le differenze fisiche che si trova a vivere un bambino: tutto questo sottolinea la loro impotenza di fronte al mondo adulto ed il loro bisogno di aiuto. Se cerchiamo di guardare il mondo ad altezza occhi dei bambini ci accorgiamo di quanto tutto appare schiacciante e imponente e tutto questo determina un grado di dipendenza e di insicurezza che per noi adulti è difficile immaginare. Se riusciamo a comprendere questo, considerando il loro punto di vista, in ogni situazione riusciremo a reagire non solo soggettivamente ma anche, contemporaneamente, come se fossimo nostro figlio. Senza intendere con ciò un rapporto alla pari ma considerando nostro figlio, un partner di pari importanza.
Capire e rispettare il modo in cui i figli percepiscono le cose e quello che fanno ci renderà impossibile biasimarli, infatti noi non possiamo biasimare qualcuno se lo “comprendiamo”, possiamo non condividere il suo punto di vista, le sue azioni ma riusciamo a capirlo. E’ importante cioè essere “indulgenti”, riconoscendo la loro unicità, dandogli credito, tenendo conto della loro immaturità che non permette loro di considerare altri punti di vista. Riuscire a contemplare due o più punti di vista, oltre il proprio, diventerà infatti possibile in un secondo momento, a partire dal periodo adolescenziale.
Bettelheim ci dice che un genitore deve cercare di integrare il suo punto di vista con quello del figlio ed agire in base a tale integrazione. Le azioni e reazioni del genitore, unitamente alla sua approvazione e disapprovazione, entrambe necessarie al figlio, devono essere temperate da una “rispettosa considerazione per il modo in cui il figlio percepisce le cose”. E’ importante cioè non giudicarli negativamente ed intervenire nei loro riguardi in modo non rispettoso o senza dargli alcun credito. Uno dei più importanti mattoni della crescita è infatti legata al “sentirsi unici” e sapere di esserlo per i propri genitori.
Dott.ssa Gemma Andreoli di Sovico
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